LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1447/94 presentato il 10 novembre 1994 (avverso: avv. di liquid. num. 5896, registro) da Tamburrini Maria, residente a Mogliano in S. Pietro, 175, contro l'Ufficio del registro di Macerata. La Commissione, sospeso di giudicare, ritiene la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 97, comma primo, del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, cosi' come modificato mediante l'art. 8 del d.-l. 30 settembre 1989, n. 332 convertito in legge 27 novembre 1989, n. 384, sotto i profili che seguono. 1. - Violazione del principio di proporzionalita' della sanzione alla offesa recata al bene protetto (art. 27 Cost.). Violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.). La sanzione prevista dal citato art. 97, comma primo, del d.P.R. n. 602/73, che consegue al mancato pagamento di tutte o dell'unica rata di un ruolo, appare illegittima in quanto essa si va a sommare alla sanzione gia' irrogata ed iscritta a ruolo in conseguenza del mancato pagamento dell'imposta originaria. Il contribuente si trova cosi' "sanzionato" una seconda volta in virtu' della stessa circostanza (mancato pagamento di una imposta). Ma mentre la sanzione prevista dalla legge di imposta e' conseguente alla violazione "sostanziale" dell'obbligo fiscale, ed e' quindi il corollario di un comportamento evasivo, diversamente la sanzione di cui all'art. 97 citato e' conseguente alla mera effettuazione di uno degli atti propri della procedura di riscossione coattiva: deriva quindi non da una "nuova" evasione di imposta, ma sempre dalla stessa evasione, che viene sanzionata per la seconda volta. Ritiene questa commissione che sanzionare piu' volte la medesima violazione sia contrario al principio di proporzionalita' della sanzione, anche perche' lo stesso criterio della sanzione plurima potrebbe astrattamente portare ad adottare ancora ulteriori sanzioni per il mancato pagamento in sede di avviso di mora, e poi in sede di pignoramento, e cosi' via, con cio' aggravandosi ulteriormente ed ingiustificatamente la posizione del contribuente-debitore verso il quale l'azione del fisco finirebbe per diventare una vera e propria persecuzione, e non una riscossione. Il criterio della sanzione collegata al reiterato mancato pagamento in sede di riscossione coattiva appare inoltre del tutto estraneo a qualsiasi principio vigente nel sistema processuale civile italiano, laddove il debitore non e' chiamato a sopportare in pendenza di esecuzione oneri diversi dagli interessi e dalle spese di procedura: sotto questo profilo e' ravvisabile una disparita' di trattamento allorche' soggetto passivo dell'esecuzione forzata sia il contribuente per motivi fiscali anziche' qualsiasi altro soggetto. Stessa ingiustificata disparita' si rileva tra coloro che subiscono la riscossione fiscale ai sensi del d.P.R. n. 602/73 e coloro a cui carico la riscossione segue altre procedure, prive di sanzioni in itinere. Va altresi' rilevato che la sanzione ex art. 97, comma primo, in oggetto, essendo connessa al mancato pagamento della cartella esattoriale, rischia di produrre un assurdo ed ingiustificato circolo vizioso: infatti la sanzione viene irrogata con apposito avviso e messa in riscossione con ulteriore cartella esattoriale, il cui mancato pagamento produrrebbe un nuovo avviso di irrogazione di sanzione, con conseguente nuova cartella esattoriale per la sua riscossione, il cui mancato pagamento... e cosi' via all'infinito. La contrarieta' di un simile sistema ai principi costituzionali sopra indicati appare evidente. 2. - Violazione del criterio di proporzionalita' della pena alla offesa recata al bene protetto, ricavabile dall'art. 27 Cost.; violazione del criterio di uguaglianza, ricavabile dall'art. 3 Cost. L'art. 97, comma primo, del d.P.R. n. 602/73, che prevede una sanzione per "il mancato pagamento di tutte o dell'unica rata di un medesimo ruolo quando il relativo ammontare e' superiore alle lire 500.000", indica un importo pressoche' fisso della pena pecuniaria: da L. 300.000 a L. 1.800.000. Cio' comporta che il mancato pagamento di una somma minima (ad es.: L. 510.000) viene sanzionato allo stesso modo (o comunque con una differenza inapprezzabile) rispetto al mancato pagamento di una somma ingente (ad es.: L. 300.000.000), con violazione dei principi costituzionali di cui sopra. Va inoltre rilevato che il mancato pagamento di un ruolo di appena L. 501.000 comporta il rischio di una sanzione per lire 1.800.000, in violazione dei criteri di proporzionalita' della pena e progressivita' fiscale. La Commissione ritiene inoltre rilevante la questione ai fini della controversia di specie, poiche' l'accoglimento della questione di costituzionalita' comporterebbe di per se' l'accoglimento della domanda del contribuente diretta all'annullamento dell'avviso di irrogazione della sanzione ex art. 97, comma primo, in oggetto.